
Tutor DSA
Recupero scolastico e progetti d'eccellenza
Come "usare" la dislessia per avere successo a scuola. Atti e comportamenti concreti per gli studenti delle scuole elementari e medie e i loro genitori.
La dislessia non è assolutamente una malattia. I bambini e i ragazzi dislessici possono avere straordinarie risorse cognitive: nella memoria, nella percezione, nel ragionamento. La dislessia non è un danno organico e non è legata in nessun modo all'intelligenza.
Albert Einstein, lo scienziato più famoso del XX secolo, era dislessico. Walt Disney, il creatore di Topolino, era dislessico. Steve Jobs, il fondatore di Apple, era dislessico. Winston Churchill. Pablo Picasso. Marlon Brando. E tra i viventi, Tom Cruise, Harrison Ford, Steven Spielberg e tanti altri.
Tutte queste persone hanno ottenuto l'eccellenza nelle loro professioni. Hanno cambiato la scienza, la tecnologia, la politica, l'arte, lo spettacolo.
È stupido e assurdo credere che un dislessico avrà sempre difficoltà, a scuola come nella vita.
Diversi studi scientifici hanno dimostrato che i bambini e i ragazzi dislessici hanno la capacità di trovare soluzioni più creative ed efficaci ai problemi. Sono originali, anticonformisti, in grado di uscire dagli schemi e dalla logica razionale. Sono dotati di pensiero divergente, una forma di pensiero che è tipica di personalità ad alto potenziale cognitivo.
Albert Einstein, Pablo Picasso, Steve Jobs…
Qualcuno di voi si starà chiedendo come mai la maggior parte degli studenti dislessici non appaiono così geniali. La risposta è semplice: nessuno li ha aiutati a trovare il proprio stile di apprendimento. Uno stile che deve essere diverso da quello scolastico tradizionale che fa un uso massiccio di testi scritti da leggere, comprendere e ricordare. E sappiamo che lo studente dislessico è messo in difficoltà dai processi di lettura, scrittura e calcolo.
Per un dislessico, la scoperta del proprio stile di apprendimento è la chiave del successo negli studi. Ci sono ragazzi che scoprono il proprio stile a scuola e altri che non riescono a scoprirlo per colpa della scuola.
Il compito di un Tutor DSA è trovare lo stile di apprendimento che permette allo studente dislessico di eccellere. Ad esempio, uno stile visivo-non verbale che spiega attraverso le immagini, le mappe concettuali, gli schemi, i cartelloni.
È per questo che bisogna aiutare lo studente dislessico nelle ore extrascolastiche, ma non solo con un servizio di aiuto compiti. L'obiettivo di un insegnamento mirato all'eccellenza non può essere esclusivamente quello di far conseguire un titolo o, come si dice comunemente, "far passare l'anno". Occorre invece stimolare nell'allievo quelle attitudini di flessibilità e creatività mentale che egli certamente possiede, ed è la scienza a dirlo, ma non riuscirà mai a mostrare all'interno di una classe scolastica dove viene considerato un malato, un diverso o, paradossalmente, un fortunato che deve studiare di meno.
Se sei il genitore di un ragazzo dislessico e vuoi aiutarlo a raggiungere un apprendimento significativo, ricorda che esistono interessi da coltivare, passioni da sviluppare, predisposizioni e campi d'esperienza nei quali tuo figlio può diventare il numero uno.
Comportamentismo e tecniche di aiuto per studenti con DSA: differenza tra programmi di rinforzo a Rapporti e a Intervalli.
Il rinforzo è condizione necessaria e sufficiente affinché si determini un apprendimento. Esistono quattro tipi di rinforzi e quattro modalità di erogazione.
I rinforzi possono essere primari, secondari, positivi e negativi. Un rinforzo positivo genera un effetto piacevole, soddisfa la persona e la spinge a reiterare un comportamento (digressione: parlo di "persona" in relazione agli sviluppi applicativi di queste tecniche in ambito scolastico e familiare. Resta inteso che gli esperimenti dei comportamentisti riguardavano quasi esclusivamente piccoli animali – con l'eccezione del deplorevole condizionamento alla paura operato da Watson sul piccolo Albert – al punto che i cognitivisti li accusarono di "rattomorfizzazione dell'uomo").
Facciamo il caso di una persona con disabilità alla quale vogliamo insegnare a lavarsi i denti con una tecnica di modellaggio. Per prima cosa, scomponiamo l'obiettivo in diversi micro-obiettivi: prendere il dentifricio, aprire il tappo, prendere lo spazzolino, mettere il dentifricio sullo spazzolino, mettere lo spazzolino in bocca, lavarsi i denti. Ogni volta che la persona avrà completato un micro-obiettivo la gratificheremo con un rinforzo positivo sotto forma di apprezzamento verbale: "Bravo! Hai fatto un buon lavoro!", "Ti sei impegnato molto. Continua così!", "Hai visto che ce l'hai fatta? Complimenti!". Ogni rinforzo che sottolinea la correttezza del suo comportamento farà da stimolo al consolidamento dell'operazione svolta e al raggiungimento del prossimo micro-obiettivo.
Un rinforzo negativo elimina un elemento o uno stato di fatto che crea disagio alla persona. Com'è evidente, i termini "positivo" e "negativo" non vanno considerati in termine di valori, altrimenti si rischia di confondere il rinforzo negativo con la punizione, che è ben altra cosa. Semplificando possiamo dire che un rinforzo positivo aggiunge e un rinforzo negativo toglie, ma entrambi sono favorevoli per la persona. Un esempio di rinforzo negativo può essere quello di un bambino che a scuola ogni volta che l'insegnante gli chiede di andare interrogato alla cattedra inizia a girovagare per la classe senza avvicinarsi. In questo caso, permettere al bambino di rispondere dal banco rappresenta un rinforzo che elimina il disagio di trovarsi a tu per tu con l'insegnante. Potremmo in seguito interrogarlo dal banco ma chiedendogli di alzarsi in piedi come primo step per iniziare un percorso di avvicinamento alla cattedra.
Un rinforzo primario ha il potere intrinseco di modulare il comportamento della persona producendo un apprendimento non transitorio. Negli esperimenti dei comportamentisti i ratti e i piccioni usati erano deprivati del cibo e l'acquisizione del rinforzo primario era fortemente motivante, una questione di sopravvivenza. In ambito scolastico o familiare non avremo a che fare con bisogni così assoluti ma rimane comunque una solida distinzione tra rinforzi primari e secondari. Nella token economy, i gettoni che il partecipante accumula assumono il valore di rinforzi secondari che a fine intervento saranno permutati in un premio, un rinforzo primario di più alta valenza. Notiamo come un rinforzo secondario può essere motivante ai fini del conseguimento di un rinforzo primario.
Un rinforzo può essere erogato secondo due criteri fondamentali: o il rapporto numerico o l'intervallo temporale. Entrambe queste modalità possono essere a loro volta fisse o variabili.
Un rinforzo a rapporto numerico fisso 3 significa che il rinforzo sarà erogato ogni 3 risposte corrette date dalla persona. L'esempio potrebbe essere quello di un alunno rinforzato ogni volta che ha scritto 3 volte correttamente il proprio nome sul quaderno.
Un rinforzo a rapporto variabile 5 significa che il rinforzo sarà erogato in media ogni 3 risposte, dunque a volte ogni 4, a volte ogni 3 e via dicendo. L'importante è che la media sia quella stabilita inizialmente, nel nostro caso 5 risposte. In questo tipo di rinforzo può non esserci pausa: il bambino scrive il suo nome su ogni riga del quaderno e noi, senza una cadenza precisa, lo rinforziamo.
Il rinforzo a intervallo si basa sul tempo e non sulle risposte.
Se abbiamo deciso di utilizzare un rinforzo a intervallo fisso 30, inteso come 30 secondi, erogheremo il rinforzo esattamente ogni 30 secondi. Al contrario, se abbiamo scelto di erogare il rinforzo in modalità variabile, ci preoccuperemo di tenere una media di 30 secondi. Dunque a volte 25, a volte 35 e via dicendo, ma la media deve essere di 30 secondi. Un insegnante potrebbe assegnare un rinforzo in modalità variabile perché vuole mantenere l'alunno sul "chi vive", in costante atteggiamento di attenzione. Per procedere all'erogazione del rinforzo, la condizione basilare è che all'interno dei 30 secondi deve essere stata data almeno una risposta corretta. Pensando all'esperimento di Skinner, se il ratto assetato non schiaccia la leva, non succede nulla.
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